Testo di Silvia Carletti
“periferìa s. f. [dal lat. tardo peripherīa «circonferenza», gr. περιϕέρεια, der. di περιϕέρω «portare intorno, girare»]. – 1. non com. Contorno, bordo, orlo circolare; 2. estens. a. La parte estrema e più marginale, contrapposta al centro, di uno spazio fisico o di un territorio più o meno ampio; b. In partic., e di uso più comune, l’insieme dei quartieri di una città più lontani dal centro; c. Con riferimento al corpo umano, o a un organismo vivente in genere, anche vegetale, la parte superficiale, più vicina all’esterno”
La Città Rizoma
Nel linguaggio e nel pensiero comune, periferia è sinonimo di spazio “al di fuori”, vissuto e osservato in negativo, come riflesso e contrapposizione del centro. Questa visione dicotomica. propria dell’epoca moderna, ha radici nella storia delle metropoli e nel determinismo architettonico reiterato nella costruzione delle periferie cittadine, che ha orientato l’estetica e il comportamento dei luoghi dell’abitare. La periferia è, dunque, un pregiudizio.
Nel 1963 il film Le mani sulla città rendeva manifesta la speculazione edilizia orchestrata dai poteri politici centrali a scapito delle abitazioni delle classi popolari, ambientando a Napoli, città usurpata dallo stereotipo periferico nella geografia italiana, un fenomeno di dimensioni nazionali. A Roma, il dispiegamento del potere sulla città è tangibile nella stratificazione storico-architettonica e nella redistribuzione abitativa, sotto la pressione di una forza centrifuga che vede il centro, città-vetrina, espandersi e desertificarsi, e la vita confluire nelle zone liminali. Come un tessuto epiteliale su cui gli stimoli si localizzano e propagano, le periferie sono organi di ricezione e percezione sintomatica di processi più profondi che attraversano la città. Così Roma si configura come una città-rizoma, entità vivente dotata di un numero plurale di nuclei autorappresentativi, centri di vita, di resistenza, di fermento culturale, sociale e politico.
Le Terre dei Leoni
In questi interstizi si inserisce il RIF – Museo delle Periferie di Roma, progetto dedicato alle realtà “ai margini” geografici e sociali della città e all’analisi del fenomeno delle periferie urbane su scala globale e locale. Diffuso sul territorio attraverso associazioni e reti cittadine, il RIF è attualmente un generatore di contenuti senza “contenitore”, in attesa di una sede prevista per il 2025 nel quartiere di Tor Bella Monaca ove andrà a costituire il primo Museo di Roma fuori dal Grande Raccordo Anulare – nella città “altra”.
Tra le manifestazioni più note promosse dal RIF e a rendere visibili le sue attività – nelle parole di Giorgio de Finis, antropologo e direttore del progetto – è il format IPER Festival delle Periferie, rassegna catalizzatrice di incontri e narrazioni plurali attraverso il rapporto integrato di pratiche artistiche e antropologiche come strumenti di interpretazione della società contemporanea. Il Festival si svolge negli spazi dell’ex-Mattatoio di Roma, polo culturale nel cuore del quartiere Testaccio, la cui storia si lega all’industria e alla realtà operaia e popolare e che oggi è luogo emblema di una città che cambia ed espande il suo centro, tra rigenerazione urbana e processi di gentrificazione.
Durante la settimana del Festival trovano spazio incontri, lectures, performance partecipative e interventi artistici che generano domande sul contesto politico e culturale attuale, accogliendo all’interno ipotesi e contraddizioni intrinseche: può l’arte essere strumento di lotta alle diseguaglianze sociali? Quale posizionamento e quale narrazione adottare? Esiste uno spazio libero dove dare asilo ai “nostri residuali immaginari divergenti”?
Hic Sunt Leones. Dove Abita l’Immaginazione, titolo dell’edizione 2024, si appropria del linguaggio delle antiche cartografie, delle pratiche di mappatura del sapere e della colonialità che identificavano come “terre dei leoni” quei luoghi ancora ignoti all’essere umano, per restituire un concetto di periferia ad ampia risonanza, esplorata come condizione dell’essere in divenire, spazio dell’immaginazione oltre la dimensione fisica e oltre le definizioni disciplinari.
Etnografie Controintuitive
Riflettendo sul potere dello sguardo e sui meccanismi di “anestetizzazione” della realtà perpetrati dalla cultura visiva, l’installazione Divertissment L’Altrove è Qui innesca un gioco di denuncia alla distrazione contemporanea attraverso un approccio controintuitivo: una Wunderkammer ricca di oggetti di derivazioni molteplici, tra cui degli uccelli usciti dalle gabbie e fissi di fronte un televisore, trasporta il visitatore nella dimensione dell’osservazione globale, totalizzante, che impedisce di focalizzarsi sull’incombenza di un fantoccio disteso al centro della stanza, il corpo morto di un migrante naufragato. La realizzazione del progetto è curata dal professore Vincenzo Padiglione e dalle studentesse e gli studenti della Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici de La Sapienza di Roma.
In risonanza con la ricerca etnografica di campo emerge anche la pratica artistica di Valentina De Santis con il progetto Roma Ghetto Chic, esposto negli spazi de La CAVe Cantieri delle Arti Visive.
La serie di fotografie in bianco e nero propone una mappatura della città e delle sue “opere” alternativa alla topografia classica e turistica. La visione delle periferie di Roma passa attraverso la pelle delle persone che la abitano, in un continuum fotografico che coglie e valorizza i dettagli dei corpi tatuati, come nuovi punti di riferimento indelebili e viventi del tessuto urbano.
Abitare le Alternative
Al dialogo tra discipline e alle possibilità alternative dell’abitare è dedicato The Sanctuary City Project, a cura di Sergio De La Torre e Chris Treggiari. Il progetto si è svolto negli spazi del MAAM – Museo dell’Altro e dell’Altrove, realtà originatasi a partire dall’occupazione di una ex fabbrica divenuta luogo di ospitalità, integrazione e rigenerazione urbana attraverso pratiche che hanno coinvolto artisti e abitanti del luogo, sotto l’egida del RIF.
Giunto per la prima volta in Italia attraverso la mediazione dell’Associazione Female Cut Italia e della curatrice Claudia Pecoraro, The Sanctuary City Project ha incluso dei laboratori di serigrafia per le abitanti del luogo, un video-podcast giornaliero dove dibattere di politiche dell’immigrazione ed esperienze personali, e un intervento murale realizzato dall’artista Cinta Arribas.
Così anche l’installazione IperTenda di Valeria Sanguini è testimone della complessa relazione tra arte, antropologia e realtà, in qualità di “storyboard circolare” e dispositivo nomade nato nel 2011 a Berlino dove aveva sfilato in strada unendosi ad una manifestazione, successivamente portata a Riace come simbolo di accoglienza e legame tra gli abitanti, e infine attivata al MAAM nel 2016, dove è divenuta parte integrante della casa-città-museo.
Per il Festival, la Tenda è installata in una delle sale del Mattatoio e ospita incontri, performance e opere partecipate, in qualità di “lente di conoscenza”. Ad inaugurarla è l’intervento di Ode, ragazzo senza fissa dimora arrivato in Italia attraverso un lungo viaggio dalla Nigeria passando per la Libia. Il suo è un racconto di viaggio, Along the Line, tra l’arrivo in Italia e la quotidianità di un’esistenza precaria: a Roma, raccoglie foglie e rifiuti lungo le strade prendendosi cura degli spazi abitativi di un quartiere dove, per ossimoro, la sua presenza è a volte invisibile. Posta al centro e in relazione con il dispositivo Tenda, la sua narrazione diviene elemento di rottura e di ingresso negli spazi rappresentativi dell’arte della cruda realtà del vivere il margine.
La convergenza di arte e antropologia applicate a contesti di fragilità sociale esemplifica l’inscindibilità del rapporto tra queste discipline nell’approcciarsi alla realtà, richiedendo al contempo una continua rinegoziazione dei posizionamenti reciproci e degli sguardi tra interlocutori e ricercatori, artisti e soggetti dell’arte. Senza dare risposte definitive né soluzioni, IPER e più ampiamente il Museo delle Periferie si affermano come spazi sperimentali per esplorare e vivere un sincretismo delle arti e delle discipline attraverso cui pensare possibili immaginari, rimanendo ben ancorati al presente del nostro mondo.